Ritornare a Grottaferrata è sempre un piacere, ritornare in cantina da Emanuele Ranchella lo è ancora di più anche se con Mariella, per giungervi, ci ritroviamo sempre a percorrere strette stradine in pendenza costeggiate da case o da vigneti: forse perchè il navigatore ci porta su itinerari sconosciuti e la voglia di dissentire ogni tanto prende il sopravvento, o sarà il disquisire con Mariella sempre stimolante e immersivo.
Ci stiamo recando alla cantina di Emanuele Ranchella, ma questa volta no, non andiamo “a interrogar le vasche” (a tale proposito leggi il bell’articolo di Mariella De Francesco). Emanuele ci aspetta per una verticale di Virdis e una di Ad Decimum, due grandi bianchi rappresentativi dei vitigni storicamente legati al territorio e alla ricca complessità del suolo vulcanico e di cui siamo curiosi di conoscere l'evoluzione.
Gli appezzamenti di Emanuele Ranchella, agronomo e vignaiolo, alla V generazione di una famiglia di viticoltori marchigiani giunta a Grottaferrata nel 1857, si trovano nel cuore di Valle Marciana l'uno. L'altro nei pressi di un polo di grande interesse, testimonianza della presenza di una comunità Cristiana e distanza in miglia dalla porta Romana Capena, le catacombe A.D. Decimum. Poco fuori città, l'attuale Grottaferrata che si sviluppò a cavallo del XIX secolo, fino ad allora l'unico grande insediamento era costituito dal maestoso complesso abbaziale fondato da San Nilo. Le radici di Grottaferrata risalgono invece al V secolo d. C., quando, sui ruderi di una grande villa romana, sorse il piccolo borgo di Crypta Ferrata.
Suolo, vinificazione, affinamento e stagionalità, quattro parole chiave. La qualità nasce in vigna e in vigna il terreno è vulcanico, sciolto, profondo, ricco di minerali. Il mosto ottenuto dopo la pressatura soffice viene posto in vasche di cemento vetrificato, a temperatura controllata di 12°C; dopo la fermentazione spontanea il vino sosta sulle fecce fini. Segue poi illimpidimento naturale, filtrazione e imbottigliamento.
Il Virdis è un Trebbiano verde in purezza, un vitigno davvero interessante, “Trebbian verde” come lo chiamava il papà di Emanuele. La menzione Trebbiano verde è stata fortemente voluta da alcuni produttori per non creare “confusione” con il verdicchio marchigiano. È un clone antico e dimenticato, recuperato da Emanuele in una sua vigna di circa 100 anni dove c’erano una ventina di queste piante; l’analisi del dna ha rivelato che è un clone del Verdicchio. La sua coltivazione venne abbandonata per la bassa resa, la difficile allegazione e la piccola dimensione del grappolo. Sui terreni vulcanici, a 400 m di altitudine si è adattato nel tempo, modificandosi e diventando un vitigno radicato nel territorio.
La degustazione
“Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva,
si gusta, si sorseggia e… se ne parla. (Edoardo VII)
Facciamolo e iniziamo la degustazione dalle annate più giovani del Virdis.
2022. Estate calda che ha raggiunto spesso i 40°. Giallo paglierino con riflessi verdi; al naso floreale, agrumato in cui emerge il lime; erbe aromatiche e una leggera nota cenerina a ricordarci che è un “vino del vulcano”. Al palato fresco con una bella acidità, sapido e con un finale morbido: piacevolissimo ed equilibrato. Giovanissimo ma con una classe che già si sente straordinaria.
2021. Altra annata molto calda. Giallo paglierino chiaro, all’olfatto intensa la nota agrumata, torna prepotente la nota floreale poi il tiglio, le erbe aromatiche, netta la nota di salvia. Sapido, l’acidità decisa, poi il sorso si allarga e si arrotonda; pulito, e di buona persistenza.
2020. Un’annata con temperature meno calde delle due precedenti. Il giallo paglierino si fa più intenso, il naso più importante, pieno, avvolgente; netto il profumo di gelsomino con un bel sottofondo di agrumi, frutta gialla e una buona mineralità. Affiora una nota di rosa che si sta avviando ad una elegante maturità. Al sorso emerge la struttura importante con una decisa rotondità di bocca, meno sapido ma con una acidità marcata. Un vino morbido, equilibrato e persistente.
2019. Una buona annata. Il naso più rotondo e più opulento di frutta gialla matura e frutta esotica; bella la nota affumicata e la punta di anice. La florealità è presente ma si affaccia timidamente per lasciare la scena al frutto, una seducente evoluzione. In bocca sorprende per l’acidità che rivela un vino ancora giovane, dinamico. In retrolfattiva torna coerente, sapido, equilibrato; persistente.
2018. Primo anno di produzione del Virdis. Annata fredda e piovosa ma una stagione senza grandi eccessi, abbastanza equilibrata. Colore giallo paglierino dai bei riflessi dorati. Un naso pungente ma riservato, non è un ossimoro ma una dimostrazione di eleganza nel carattere, i sentori sono più sottili, più garbati e fini rispetto alla esuberanza dei precedenti. Eleganza, equilibrio, struttura, un vino fresco e con una buona acidità, la cui età è perfettamente celata.
Stesse uve, identico terreno, medesimo procedimento di vinificazione eppure esiti diversi in cui anche la stagionalità ha la sua risonanza. È emerso chiaramente tutto il processo evolutivo di questo vino che, da vino fresco, giovane, dalla grande bevibilità e che si coniuga bene ad un aperitivo, sa poi regalare espressioni di maggiore complessità, sempre più interessanti e per abbinamenti importante.
È un clone del verdicchio e ne ha tutta la stoffa.
Passiamo all'AD Decimum, una doc Roma, blend di tre uve: 60% di Malvasia puntinata, 20% di trebbiano giallo e 20% di trebbiano verde. La Malvasia puntinata o Malvasia del Lazio, riconoscibile per quel puntino sull’acino che le dà il nome, è un vitigno aromatico, delicato, dalla media vigoria, di produzione contenuta, che contribuisce ad elevare il livello finale del prodotto. Il trebbiano giallo o “Tribiano degli acini aurei” come lo descrive nel 1825 Acerbi che ne colloca la produzione nei Castelli romani, o Greco antico, ci dice Emanuele, perché è una varietà di greco poi rinominata. Dà alcolicità e struttura di base. Infine il Trebbiano verde di cui ho parlato prima.
2022. Lo stile è floreale e la malvasia puntinata è dominante, buona la spalla acida conferita dal trebbiano verde.
2021. Colore giallo paglierino dai riflessi dorati. Il primo impatto olfattivo è intenso, di frutta tropicale matura in cui il mango emerge, ma con sentori di ananas, papaya, melone e pesca gialla. Poi nel bicchiere, ossigenandosi, evolve verso sentori di erbe aromatiche. Il sorso è morbido, fresco, sapido; di corpo, armonico ed equilibrato, di buona persistenza.
2020. Si offre opulento al naso, poi si apre ed offre sentori di ginestra e delicate note affumicate; l’eleganza e la finezza non sono soverchiate dall’esuberanza degli aromi dei due precedenti. Mineralità, buona struttura e avvolgenza al sorso.
2019. Un vino meno esplosivo ma dotato di finezza ed eleganza. Emergono note di idrocarburi; il sorso sempre equilibrato.
2018. L’analisi olfattiva rivela subito un bouquet importante; sentori di agrume e salvia. Fresco e sapido. Torna coerente in retrolfattiva e la persistenza è lunga.
2017. Un vino di sei anni che stupisce. Si presenta di un giallo paglierino chiaro e brillante, quasi cristallino come uno spumante. Equilibrio è lo stile. Equilibrio olfattivo: al naso sentori di fiori, frutta, erbe aromatiche e note di idrocarburo si offrono senza sgomitare, tutte allo stesso livello e in un gioco di rimandi. Equilibrio gustativo: in bocca rivela una bella acidità, una buona struttura e una lunga persistenza. Forse risulta l’annata più equilibrata fra tutte. Un vino di 6 anni che non teme il tempo che passa, anzi ne ha fatto un compagno fedele e indispensabile e ha ancora qualcosa da dirci. Aspettiamo.
È davvero stupefacente come le caratteristiche delle diverse annate possano connotare i vini in maniera così peculiare.
È il momento di assaggiare il Crypta 2022, ultimo nato, da Malvasia Puntinata in purezza, attaccata da muffa nobile, la Botrytis Cinerea, vendemmia tardiva. Al naso frutta matura, polposa e dolce; sentori di frutta candita, fichi secchi, miele e cannella; caldo ma non svela i suoi 15°, una notevole piacevolezza di beva; minerale, elegante e con una bella persistenza.
Crypta è il nuovo progetto condiviso con l’Associazione Vignaioli di Grottaferrata, di cui la cantina Ranchella fa parte, nata con l’intento di valorizzare le radici e l'identità del territorio di Grottaferrata. "Crypta", vino fortemente identitario, è un omaggio al territorio, il suo nome deriva da "Crypta Ferrata" come anticamente si chiamava la cittadina.
Lasciamo Bacco e ci prepariamo a degustare, alla cieca, due tipologie d’olio che lo stesso Emanuele produce con grande attenzione: un blend e una monocultivar. Ottime entrambe ma la mia preferenza va alla monocultivar, naso deciso e avvolgente, ricco di sentori fruttati di pomodoro e erba tagliata, affiancati da note aromatiche di basilico. Amaro e piccante in equilibrio.
Chiudiamo la bella serata con un Cannellino 2011. La tradizione voleva che le uve delle vigne più vecchie, quindi meno produttive, venissero vendemmiate per ultime. La vendemmia allora durava moltissimi giorni e iniziava i primi di ottobre quindi i grappoli venivano raccolti molto tardi, integri ma avvizziti. Il mosto ricavato da quest'uva aveva un alto contenuto in zuccheri, ma nelle cantine, per il freddo invernale, raramente completava la fermentazione, la trasformazione di zucchero in alcol. Veniva poi travasato e filtrato, per evitare che il mosto si deteriorasse e quindi rimaneva dolce.
“Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni.” (Leonardo da Vinci)
E noi abbiamo trovato sia l’una che gli altri.
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