La seguente ricetta de "i carciofi alla giudia" la troviamo in una una annotazione scritta a mano che si trova in un manoscritto, presumibilmente del '500, che appartiene ad Ariel Toaff.
"I carciofani sono boni pigliandoli nella loro stagione, la qual comincia a Roma a mezzo febraro e dura per tutto giugno. Per farli alla giudea se devono mondare e poi tagliare le cime delle foglie pungenti e dure in foggia de spirale, e cussì se lascieno le parti più tenere e bianche. E poi frigendole in oglio bogliente nella patella, rimanendo teneri i pedoni d'essi carciofani, se copronno con pevere, sale overo sugo de melangole."
Documenti del '500 ci mostrano che gli ebrei romani erano forti consumatori di carciofi preparati alla "giudia", piatto per cui erano già rinomati.
Di questo vi parlerò in occasione della Giornata Nazionale del Carciofo alla Giudia, di cui io sono Ambasciatrice, nell'ambito del Calendario del cibo italiano, nella Settimana della Cucina Ebraica della nostra Presidente Anna Maria Pellegrino .
Se vi va, collegatevi al sito AIFB, troverete storia, arte, anedotti, cronaca, proprietà del carciofo e ricette che celebrano questo piatto della cucina ebraico romanesca: i carciofi alla Giudia.
I carciofi alla giudia fanno parte dei piatti più famosi della cucina ebraico-romanesca.
La cucina ebraico romanesca è il risultato di un'intelligente apertura nei confronti delle culture circostanti, non è stato soltanto un recepire passivamente le tradizioni di altri popoli ma uno scambio reciproco con risultati a volte sorprendenti. La cucina ebraica in Italia risente forza fortemente del particolarismo locale e regionale che ha prodotto tuttavia moltissimi piatti e sapori particolarissimi, frutto anche dell'isolamento nei ghetti. Il ghetto romano è stato istituito da Paolo IV nel 1555 con la bolla Cum nimis absurdum; gli ebrei furono costretti a risiedere nel ghetto e indossare un cappello di color glauco per essere riconoscibili. L'incontro degli ebrei romani con quelli spagnoli e quelli siciliani, che avevano convissuto con le civiltà islamica in Sicilia e in Spagna, da vita, secondo Ariel Toaff, alla cosidetta cucina alla giudia.
I carciofi alla giudia sono uno dei piatti più famosi della cucina ebraico-romanesca ma di carciofi nei testi ebraici non se ne parla quasi mai. Nel 1579 a Venezia vede la luce il Dabber Tov, dizionario tascabile ebraico-italiano con una sezione dedicata ai cibi, ma nell'elenco delle verdure non compare il carciofo. Il testo viene riproposto anche nei secoli successivi con vocaboli pressoché invariati; nell'ultima edizione, a Pisa nel 1796 con copie manoscritte, e fino alla metà delle dell'Ottocento non compaiono mai le piante americane e tanto meno i carciofi.
"I carciofani sono boni pigliandoli nella loro stagione, la qual comincia a Roma a mezzo febraro e dura per tutto giugno. Per farli alla giudea se devono mondare e poi tagliare le cime delle foglie pungenti e dure in foggia de spirale, e cussì se lascieno le parti più tenere e bianche. E poi frigendole in oglio bogliente nella patella, rimanendo teneri i pedoni d'essi carciofani, se copronno con pevere, sale overo sugo de melangole."
Documenti del '500 ci mostrano che gli ebrei romani erano forti consumatori di carciofi preparati alla "giudia", piatto per cui erano già rinomati.
Di questo vi parlerò in occasione della Giornata Nazionale del Carciofo alla Giudia, di cui io sono Ambasciatrice, nell'ambito del Calendario del cibo italiano, nella Settimana della Cucina Ebraica della nostra Presidente Anna Maria Pellegrino .
Se vi va, collegatevi al sito AIFB, troverete storia, arte, anedotti, cronaca, proprietà del carciofo e ricette che celebrano questo piatto della cucina ebraico romanesca: i carciofi alla Giudia.
I carciofi alla giudia fanno parte dei piatti più famosi della cucina ebraico-romanesca.
La cucina ebraico romanesca è il risultato di un'intelligente apertura nei confronti delle culture circostanti, non è stato soltanto un recepire passivamente le tradizioni di altri popoli ma uno scambio reciproco con risultati a volte sorprendenti. La cucina ebraica in Italia risente forza fortemente del particolarismo locale e regionale che ha prodotto tuttavia moltissimi piatti e sapori particolarissimi, frutto anche dell'isolamento nei ghetti. Il ghetto romano è stato istituito da Paolo IV nel 1555 con la bolla Cum nimis absurdum; gli ebrei furono costretti a risiedere nel ghetto e indossare un cappello di color glauco per essere riconoscibili. L'incontro degli ebrei romani con quelli spagnoli e quelli siciliani, che avevano convissuto con le civiltà islamica in Sicilia e in Spagna, da vita, secondo Ariel Toaff, alla cosidetta cucina alla giudia.
I carciofi alla giudia sono uno dei piatti più famosi della cucina ebraico-romanesca ma di carciofi nei testi ebraici non se ne parla quasi mai. Nel 1579 a Venezia vede la luce il Dabber Tov, dizionario tascabile ebraico-italiano con una sezione dedicata ai cibi, ma nell'elenco delle verdure non compare il carciofo. Il testo viene riproposto anche nei secoli successivi con vocaboli pressoché invariati; nell'ultima edizione, a Pisa nel 1796 con copie manoscritte, e fino alla metà delle dell'Ottocento non compaiono mai le piante americane e tanto meno i carciofi.
Nel Galut Yehudah, pubblicato a Venezia nel 1612, i termini che si
riferiscono alla gastronomia sono pochi ma ancora non si fa cenno al carciofo, alla
melanzana o alla zucchina, ortaggi ampiamente utilizzati nella cucina ebraica. Nel "Nomenclatore ebraico-italiano", degli inizi dell'Ottocento e nell'ampliamento del dizionario, risalente al
1860, non è stato ancora introdotto il carciofo. Nei prontuari liturgici
delle benedizioni quotidiane e festive, i Siddur miberakhan, molti dei quali
dedicati agli alimenti e che dovevano tener conto delle abitudini alimentari di ogni
giorno, non si nominano ancora questi ortaggi. La cucina
ebraica, fino alla seconda metà dell'Ottocento, sembra non introdurre le piante americane, ma gli ebrei italiani
mangiavano carciofi, melanzane, zucchine, finocchi! Questo perchè i testi rappresentano solo un
tipo di cucina ebraica italiana, quella oltre la dorsale appenninica, la padano-adriatica. Accanto a
questa però c'era un'altra cucina, quella degli ebrei di Roma
che purtroppo hanno lasciato scarsissime testimonianze scritte delle loro
tradizioni culinarie. La cucina ebraica è caratterizzata dall'uso pressoché
esclusivo dell'olio d'oliva sia per la cottura che per il condimento, documenti
del '500 ci mostrano che anche gli ebrei romani abbondavano di specie come pepe, garofalo, coriandolo, cannella, zafferano e consumavano legumi e che erano forti
consumatori di finocchio e soprattutto di carciofi preparati alla giudia, piatto
per cui fin d'allora
erano
rinomati.
La
gastronomia giudaico-romanesca, in seguito alle
ristrettezze in cui era costretta, cercava di nobilitare gli elementi a buon
mercato che poteva permettersi, inoltre gli ebrei romani si mostravano
sempre fieramente contrari a contaminazioni nella loro cucina, neanche dalla
Toscana e dalle marche, come diceva un popolare detto romano, "né da Livorno nè
d'Ancona vende mai na cosa bona".
La cucina
ebraica non è frutto solo dei divieti ma
anche di scelte di gusto, di tradizione e di cultura. Quando nell'Italia del
'400 o del '500 ci si riferiva ad un cibo, definendola all'ebrea o alla giudea, non
ci si riferiva necessariamente al cibo kosher, ma solo al fatto che, negli ingredienti, nel
gusto, nell'aspetto, era riconoscibile come tipicamente ebraica, come i carciofi
cotti a rosa.
Nel video sono illustrati i vari passaggi per la cottura dei carciofi alla giudia
Per preparare i carciofi alla giudia quindi, dobbiamo capare il carciofo togliendo le foglie verdi e dure fino alle prime foglie giallo-rosate alla base, poi lo facciamo ruotare lentamente con la mano sinistra, mentre con la mano destra facciamo penetrare la lama di un piccolo coltello ben affilato nelle foglie del carciofo. Così il taglio si effettua a spirale e di foglia in foglia eliminiamo la parte dura e conserviamo la parte tenera.
Li immergiamo poi, nell'acqua acidulata con succo di limone per non farli ossidare. Li scoliamo, li asciughiamo, poi li battiamo delicatamete tra loro o sul tagliere per allargane le brattee.
Quando saranno quasi cotti, ovvero si potranno inserire i rebbi di una forchetta nel fondo del carciofi, li togliamo, allarghiamo
le foglie con l’aiuto di una forchetta fino ad aprirle completamente, condiamo con sale e pepe e li
rimettiamo nell’olio bollente. Quando son ben dorati li estraiamo infilzandoli
con una forchetta, li spruzziamo con acqua gelata e li facciamo cuocere
per un minuto ancora. Li poggiamo su carta paglia o da cucina e sono pronti, dorati e croccanti, da servire caldi.
La ricetta dei carciofi alla giudia, che si è diffusa in tutto il Lazio partendo dal ghetto ebraico di Roma, è stata scritta in forma di poesia da Luciano Folgore per la guida gastronomica del Touring nel 1931.
Ecco il testo: "Si prendono i carciofi romaneschi grossi teneri e freschi e si levano loro le prime foglie poscia a quelle che restano si toglie, mediante un affiliato coltellino, la parte dura per lasciar la molle. Dopo aver tornito per benino le panciute corolle, si immergono nell'acqua d'un catino, dal succo del limone acidulata, poi si da lor col panno un'asciugata, si schiacciano un pochino sul tagliere, si condiscono col pepe e con il sale, si mettono a giacere nel tegame ospitale e immerse in abbondante olio d'olivo si fanno cuocere sopra fuoco vivo. A cottura ultimata troveremo che il carciofo somiglia a un crisantemo della corolla tonda e spampanata; allora con la mano spruzzeremo (tenendoci lontano) sopra l'olio bollente l'acqua gelata e il carciofo nell'olio scoppiettante presto diventerà d'oro croccante. A questo punto il piatto è bello a posto pronto a dar molti punti al pollo arrosto, al timballo, al budino, allo sformato e ogni morto appetito verrà a nuovo invigorito che dal piatto è (chi lo ha nega torto) roba da far resuscitare un morto."
L' AIFB, Associazione Italiana Foodblogger, si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici, scelti sulla base della loro diffusione e dei loro legami con la cultura popolare e organizzati sulla base del calendario delle stagioni e delle ricorrenze litugiche o istituzionali.
Per la preparazione dei carciofi alla giudia è importante la scelta e la "capatura" - pulitura - del carciofo. Nel video sono illustrate le caratteristiche del carciofo romanesco del Lazio IGP e il taglio a rosetta dei carciofi alla giudia
Nel video sono illustrati i vari passaggi per la cottura dei carciofi alla giudia
La ricetta
Ingredienti per 4 persone
4 carciofi romaneschi (o 8 se siete di buon appetito)
olio extravergine di oliva
sale e pepe
procedimentoPer preparare i carciofi alla giudia quindi, dobbiamo capare il carciofo togliendo le foglie verdi e dure fino alle prime foglie giallo-rosate alla base, poi lo facciamo ruotare lentamente con la mano sinistra, mentre con la mano destra facciamo penetrare la lama di un piccolo coltello ben affilato nelle foglie del carciofo. Così il taglio si effettua a spirale e di foglia in foglia eliminiamo la parte dura e conserviamo la parte tenera.
"Capatura" del carciofo" a "rosetta" |
Carciofi"capati a rosetta"e immersione nell'acqua acidulata per evitare l'ossidazione
Li immergiamo in abbondante
olio di oliva ben caldo, adagiandoli di lato e girandoli un paio di volte.
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Prima frittura del carciofo alla giudia |
Carciofo dopo la prima frittura apertura delle foglie del carciofo carciofo dopo la seconda frittura |
La ricetta dei carciofi alla giudia, che si è diffusa in tutto il Lazio partendo dal ghetto ebraico di Roma, è stata scritta in forma di poesia da Luciano Folgore per la guida gastronomica del Touring nel 1931.
Ecco il testo: "Si prendono i carciofi romaneschi grossi teneri e freschi e si levano loro le prime foglie poscia a quelle che restano si toglie, mediante un affiliato coltellino, la parte dura per lasciar la molle. Dopo aver tornito per benino le panciute corolle, si immergono nell'acqua d'un catino, dal succo del limone acidulata, poi si da lor col panno un'asciugata, si schiacciano un pochino sul tagliere, si condiscono col pepe e con il sale, si mettono a giacere nel tegame ospitale e immerse in abbondante olio d'olivo si fanno cuocere sopra fuoco vivo. A cottura ultimata troveremo che il carciofo somiglia a un crisantemo della corolla tonda e spampanata; allora con la mano spruzzeremo (tenendoci lontano) sopra l'olio bollente l'acqua gelata e il carciofo nell'olio scoppiettante presto diventerà d'oro croccante. A questo punto il piatto è bello a posto pronto a dar molti punti al pollo arrosto, al timballo, al budino, allo sformato e ogni morto appetito verrà a nuovo invigorito che dal piatto è (chi lo ha nega torto) roba da far resuscitare un morto."
Bibliografia
Toaff, Ariel
Mangiare alla giudia : la cucina ebraica in
Italia dal Rinascimento all'età moderna
Il Mulino –
2000
Aita, C., Viaggio
illustrato nella cucina ebraica : tradizioni, precetti religiosi, feste,
letteratura, cibi, segreti e ricette da tutto il mondo, Nardini
Gaudiano, R.,
Il cibo in tavola : storia, cultura, arte ed
espressione popolare nella cucina romana e del Lazio, Mercanti
L' AIFB, Associazione Italiana Foodblogger, si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici, scelti sulla base della loro diffusione e dei loro legami con la cultura popolare e organizzati sulla base del calendario delle stagioni e delle ricorrenze litugiche o istituzionali.
Un trattato sul piatto + buono che io conosca! Bellissimo post belle foto video insomma che carciofo alla giudia sia!
RispondiEliminaBello in passo a passo!
RispondiEliminabellissimo tutto, ma….non avevo dubbi!
RispondiEliminaun bellissimo post grazie !!!!
RispondiEliminacarciofi meraviglia della natura e paradiso del palato, un abbraccio
ciao Reby